Job Shadowing al Nørresundby Gymnasium: un’esperienza di osservazione, riflessione e confronto.

Alle ore 7:50 del 22 gennaio 2018 mi trovo all’ingresso del Norresundby Gymnasium e HF (Aalborg), emozionata ma pronta ad iniziare l’esperienza di job-shadowing in Danimarca. Mentre mi avvicino alla scuola con le colleghe Marcella ed Elisabetta, la prima sorpresa, nonostante il buio, è l’aspetto dell’edificio, lontano anni luce dalle nostre strutture scolastiche: immensi spazi esterni e interni, corridoi colorati con tanti armadietti per gli studenti, aule luminose con arredi nuovi e puliti, una sala insegnanti in cui è piacevole entrare e restare e dove Bente, la nostra tutor danese,  ci accoglie e ci illustra l’intenso programma che ha predisposto per noi in base alle nostre richieste ed esigenze. Un rapido tour della scuola mi fa scoprire le “mitiche” lavagne appese ai muri dei corridoi, che li rendono luoghi per l’apprendimento e non solo di passaggio.

Alle 9:40 entro in 3y, una classe di studenti di 18/19 anni, e assisto alla loro lezione di matematica (A-level, equivalente alla nostra classe quinta di liceo scientifico). L’insegnante corregge i compiti assegnati per casa, spiega un nuovo argomento (equazione di una retta nello spazio), li divide in gruppi e, dopo aver dato loro alcuni esercizi, li invita a scegliere una lavagna in aula o fuori da essa per svolgerli e confrontarsi sulla parte teorica introdotta. Alcuni utilizzano le due lavagne della classe, altri escono e vanno a caccia di lavagne libere…e l’insegnante cosa fa? Si muove da un gruppo all’altro, guida, sostiene e aiuta gli studenti.IMG_20180124_144934

Finita la lezione ritorno in sala insegnanti e, al “coffee corner”, vengo avvicinata dai colleghi e dal preside che si presentano e riescono con la loro “cordialità un po’ nordica” a farmi sentire immediatamente a mio agio.

La prima settimana trascorre velocemente tra osservazioni, incontri e interviste, sopralluoghi all’interno della scuola alla scoperta di spazi e persone che inevitabilmente mi portano a riflettere e a fare paragoni tra loro e noi, tra il loro e il mio modo di essere insegnante, tra la loro idea di scuola e la nostra.

Al termine della prima settimana, dopo 10 periodi di osservazione (ogni periodo ha una durata di 70 minuti) di classi e docenti diversi, di discipline diverse (matematica e fisica) e colloqui formali e informali con lo staff e con alcuni studenti, è evidente che le modalità di lavoro dei colleghi danesi sono incentrate, indipendentemente dall’indirizzo (liceale, tecnico, professionale), sullo sviluppo della creatività, della consapevolezza e della autonomia degli alunni.

E mentre osservo la “scuola danese” mi chiedo: quali sono gli approcci e  le metodologie didattiche ottimali da adottare per rendere i nostri studenti individui capaci di affrontare efficacemente le richieste e le sfide della vita quotidiana?  Quale approccio sviluppa maggiormente il pensiero critico, requisito fondamentale per rendere lo studente un cittadino capace di comprendere e affrontare le dinamiche che lo circondano? Quello danese incentrato sul lavoro di gruppo, su un apprendimento/insegnamento con tempi dilatati e uno studio meno approfondito dei contenuti o quello italiano, con un approccio più speculativo e una didattica prevalentemente frontale? Non ho una risposta a queste domande ma sono convinta che ogni approccio didattico possa e debba migliorarsi in termini di qualità anche grazie al confronto e alla conoscenza di realtà ed esperienze diverse.

Infine, l’esperienza è stata di un valore immenso dal punto di vista umano, poiché ha permesso di sviluppare dei rapporti di stima e collaborazione con i colleghi danesi che presto saranno nostri ospiti.

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